Trecentoventi progetti italiani all’hackathon #EUvsVirus dell’Unione europea organizzato dal 24 al 26 aprile scorsi in cerca di idee innovative su come rispondere all’epidemia e ripartire dopo il coronavirus. L’Italia è stata il paese con il maggior numero di partecipanti registrati (oltre 2.500 persone su 22.600) e quattro progetti – dei 320 con partecipazione italiana e 2.100 complessivi – parlano toscano, in parte o completamente.
C’è Hope ad esempio, un progetto per testare l’efficacia di un preparato sperimentale da applicare a superfici tessili diverse, comprese le mascherine, per renderle permanentemente antivirali. Sono coinvolte l’Università di Firenze, l’Università di Pisa, il Cnr-Ifc e l’Asl Toscana Nord-Ovest, assieme a Nanopool GmbH e ad APC Italia – divisione Vetroliquido.
Gli Ospedali riuniti di Livorno partecipano invece al progetto “Tolerability and safety of chlorhexidine and use of PPE”, uno studio che si concentra nell’uso della clorexidina da parte degli operatori impegnati in prima linea, assieme ai normali dispositivi di protezione personale come tute, occhiali, guanti e mascherine.
Il dipartimento di scienze mediche e chirurgiche dell’Università di Siena è parte del progetto “Nano-Covid”, mentre “Respire”, uno studio su come ridurre la tempesta immunitaria che scatena le più gravi conseguenze respiratorie nei pazienti affetti da Covid, è il progetto proposto dal direttore dell’unità operativa complessa ematologia dell’Asl Toscana Nord-Ovest.
“Sono di grande valore i progetti con cui la Toscana ha partecipato all’hackathon” commenta la vicepresidente ed assessore regionale alla ricerca Monica Barni, nonché ambasciatrice di #EUvsVirus”. “Ho molto apprezzato – aggiunge – la presenza durante i dibattiti di diversi esperti delle Università di Pisa, Siena e della Scuola Normale di Pisa, a supporto dei lavori e come membri della giuria”. Una conferma, per Barni, del valore dei ricercatori e degli atenei della regione.